Firmato all’ARAN l’Accordo Collettivo Quadro per la definizione dei comparti di contrattazione e delle relative aree dirigenziali per il triennio 2016-2019

Con l’ipotesi di accordo quadro che le Confederazioni sindacali rappresentative (presente l’ANPRI) hanno firmato stanotte all’ARAN, sono stati definiti i nuovi comparti di contrattazione e le relative aree dirigenziali. Come prescritto dalla legge n. 150/2009 (cosiddetta “Brunetta”) i comparti della P.A. sono stati ridotti da 11 a 4: Funzioni centrali, Funzioni locali, Sanità, Istruzione e Ricerca (all’interno del quale è confluito l’ex comparto degli EPR). Ai quattro comparti si aggiunge, come prescritto dall’art. 74 della “Brunetta”, la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Si è quindi chiusa a notte fonda, come è nelle tradizioni sindacali, la partita che ha visto per oltre un anno l’ARAN e le OO.SS. impegnate nel tentativo di far quadrare il cerchio della contrattazione nel pubblico impiego al fine di riaprire, se il Governo stanzierà risorse aggiuntive ai sette euro fin qui annunciati, la stagione dei rinnovi contrattuali.

Si tratta di una radicale e drastica semplificazione che mette insieme ambiti settoriali diversi, seppure con caratteri di omogeneità. Nell’area delle funzioni centrali sono collocati i Ministeri, le Agenzie fiscali e gli Enti Pubblici non Economici, in quella delle funzioni locali Regioni, Province, Comuni e Camere di Commercio, mentre la Sanità fa corpo a se stante per medici e professioni sanitarie e, nel settore della formazione e della conoscenza, Istruzione, Università, Ricerca e Alta formazione trovano un comune ambito di definizione dei rapporti di lavoro.

Vincitori e vinti (?)

L’ARAN può a ben diritto ritenersi soddisfatta, perché è finalmente riuscita ad applicare la Brunetta che tutti i sindacati avevano fin qui avversato chiedendone, inutilmente, la modifica. La riduzione dei comparti è molto radicale (ne spariscono 7!) e d’ora in avanti sarà più facile, per il Governo, “armonizzare ed integrare le discipline contrattuali” del pubblico impiego (leggi: ridurre le specificità e i differenziali retributivi tra le varie figure professionali). Anche l’ANPRI, tuttavia, può ritenersi soddisfatta per essere riuscita a salvaguardare la distinta disciplina dei ricercatori e tecnologi (che nell’art. 8 dell’accordo quadro sono citate come le: “…specifiche professionalità che continuino a richiedere, anche nel nuovo contesto, una peculiare regolamentazione). Traducendo la prosa involuta dell’ARAN, con questa norma si intende affermare che il comparto Istruzione e ricerca avrà una parte normativa comune a tutto il personale del comparto, che poi ci sarà una “specifica sezione” dove trattare gli aspetti più caratteristici dell’ex comparto ricerca e che, all’interno di questa sezione, verranno disciplinate in maniera distinta le peculiarità professionali dei ricercatori e tecnologi (come già avviene oggi).

Anche rispetto al comparto in cui sono andati a confluire gli EPR, l’ANPRI esprime una valutazione moderatamente positiva, soprattutto se rapportata a quella che era l’unica alternativa possibile, vale a dire il comparto Funzioni centrali (sponsorizzato da USB, UGL e, più tiepidamente, anche dalla UIL). Già in altre occasioni abbiamo evidenziato le maggiori affinità tra ricercatori e tecnologi e i docenti della scuola e dell’AFAM (soprattutto in termini di autonomia

professionale) rispetto ai funzionari dei Ministeri e degli EPNE (subordinati gerarchicamente alla dirigenza amministrativa). Tuttavia non possiamo non sottolineare che per il personale degli EPR, circa 20mila, non sarà facile avere un’adeguata visibilità all’interno di un comparto che comprende ben oltre un milione di addetti alla scuola, all’università e all’AFAM.

Problemi aperti e iniziative dell’ANPRI

E qui veniamo al punto dolente (per l’ANPRI) dell’accordo. Nel nuovo comparto, le sigle sindacali di categoria che erano rappresentative nell’ex comparto Ricerca non riescono a mantenere la loro rappresentatività (ad eccezione della FLC-CGIL che si era già strutturata accorpando scuola, università e ricerca). Questo significa che quando l’ARAN andrà a definire la rappresentatività delle vecchie sigle nei nuovi comparti, l’ANPRI si troverà di fronte un bivio: mantenere l’attuale identità di Associazione professionale indipendente (e perdere la rappresentatività) o confluire/affiliarsi ad un’altra O.S. per mantenere una, sia pure ridotta, rappresentatività nei tavoli contrattuali (nazionali e di contrattazione integrativa di Ente). La trattativa con l’ARAN ha ovviamente affrontato, spesso in modo aspro, questa criticità imposta dalla legge 150 che, come detto, non riguarda solo l’ANPRI. L’accordo quadro finale, infatti, prevede sia delle norme transitorie, che consentiranno il transito dal vecchio al nuovo sistema favorendo fusioni e affiliazioni per nuove aggregazioni, sia delle clausole speciali che consentiranno la presenza alle trattative delle organizzazioni già rappresentative nei precedenti comparti ed aree (senza però diritto di voto).

Questa situazione non ci coglie di sorpresa. Sapevamo, e l’abbiamo anticipato nei precedenti comunicati, che se l’ARAN non avesse accettato di calcolare la rappresentatività delle OO.SS. sull’intero personale del comparto e non sulla base degli addetti della sezione separata (come la delegazione CIDA-ANPRI ha proposto), i numeri ci sarebbero stati sfavorevoli. Dopo la sottoscrizione dell’accordo, avremo trenta giorni di tempo per trovare una via di uscita. La SN è già al lavoro per sondare la disponibilità di altre sigle (della scuola o dell’AFAM) ad ipotesi di fusione/affiliazione, ma ci vorrà un po’ di tempo perché il quadro si chiarisca bene e si possa ragionare su ipotesi concrete di eventuali nuovi soggetti sindacali.

Nel frattempo, l’ANPRI continua il suo impegno costante per ottenere, attraverso il decreto legislativo che la Funzione Pubblica sta per licenziare in attuazione della delega ricevuta con la legge 124/2015 (art.13, Semplificazione delle attività degli Enti di Ricerca), il maggior numero possibile di elementi di stato giuridico, in modo da mettere “in sicurezza”, perché definiti per legge, i principali principi costitutivi dello status professionale dei ricercatori e tecnologi, sottraendoli alla contrattazione di comparto.

Domani pubblicheremo sul sito web dell’Associazione le proposte ANPRI per definire il ruolo dei ricercatori e tecnologi degli Enti pubblici di ricerca, raccolte dalla SN in un testo che sarà consegnato nei prossimi giorni a vari interlocutori politici e istituzionali. Invitiamo i soci ANPRI a leggerlo e a farlo circolare nei propri Enti, inviando (sempre tramite il sito web) commenti e osservazioni.

Il Segretario Generale ANPRI

Liana Verzicco