Molto vicine all’ANPRI le opinioni in materia di Enti di ricerca espresse nella consultazione voluta dal governo.

Sono stati resi noti dal ministro Madia i risultati  della consultazione pubblica lanciata dal Governo lo scorso 30 aprile (rivoluzione@governo.it) dai quali emergono i più diffusi orientamenti e le principali proposte avanzate in merito ai 44 punti della riforma della pubblica amministrazione.

Le mail inviate entro la scadenza prevista, il 30 maggio, sono state 39.343.

Uno dei 44 punti sottoposti ai cittadini italiani, il quesito 16, riguardava la ricerca pubblica, ed in particolare la proposta di una “riorganizzazione strategica della ricerca pubblica, aggregando gli oltre 20 enti che svolgono funzioni simili, per dar vita a centri di eccellenza”.

Su questo tema l’ANPRI aveva risposto al Governo il 16 maggio affermando, tra l’altro, che “sono possibili e opportuni interventi di razionalizzare degli Enti di ricerca purché in una prospettiva di valorizzazione del sistema e non di un suo ridimensionamento”. “La ricerca ha certamente bisogno di maggiori risorse (bisogna assicurare ai giovani che vogliono fare ricerca la possibilità di farla nel loro Paese) – proseguiva la lettera dell’ANPRI – ma anche di liberarsi dai vincoli burocratici che la stanno soffocando e che le impediscono di competere alla pari con i centri di ricerca europei ed extra-europei”. L’ANPRI aveva inoltre chiesto di “introdurre, anche in Italia, una normativa organica che riconosca e disciplini lo stato giuridico dei ricercatori e tecnologi degli Enti di ricerca in conformità ai principi della Carta europea dei ricercatori”, e di superare l’attuale regime delle “competenze ministeriali” “che ha prodotto la frammentazione del sistema, realizzando una nuova governance unitaria dei vari soggetti che operano nel sistema, necessaria per garantire la coesione delle politiche di ricerca”. “Per tornare ad essere competitiva concludeva la lettera dell’ANPRI – la ricerca ha bisogno che siano messi al centro del processo riformatore i ricercatori, ai quali si devono riconoscere gli stessi diritti, la stessa autonomia e lo stesso status dei loro colleghi europei”.

Dall’analisi dei risultati (disponibili online sul sito del dipartimento della funzione pubblica) che è stata presentata dal ministro Madia, registriamo con enorme soddisfazione che sono molti gli italiani, ricercatori e tecnologi ma non solo, che, per quanto riguarda la ricerca pubblica, la pensano come l’ANPRI. È lo stesso ministro, infatti, a scrivere che, nelle gran parte delle risposte ricevute, “si evidenzia un ampio consenso nei confronti della razionalizzazione degli enti di ricerca (in base alla loro missione), purché finalizzata alla valorizzazione e non al ridimensionamento del settore, spesso accompagnato da richiami alla necessità che sia garantito contemporaneamente un adeguato finanziamento, anche al fine di evitare la continua fuoriuscita di “cervelli” all’estero, insieme alla revisione dello status giuridico ed economico dei ricercatori (taluni auspicano una omogeneizzazione tra ricercatori universitari e degli enti di ricerca)”.

I cittadini italiani si sono espressi e con molta chiarezza di intenti: rilanciare il sistema della ricerca pubblica e mettere al centro del processo riformatore i ricercatori.

Tocca ora al Governo Renzi dare loro ascolto e risposte convincenti.